domenica 29 dicembre 2013

Tanti affetti - Anna Caterina Antonacci e Donald Sulzen a Pieve di Cento

Il 28/12/2013 Pieve di Cento ha vissuto un grande evento: la riapertura del Teatro Comunale Alice Zeppilli, dopo i lavori di ristrutturazione necessari a causa del sisma del 2012.

Fonte: Provincia di Bologna, foto di Paolo Barone
Devo dire che la riapertura non poteva essere migliore: è stata infatti affidata all'arte di Anna Caterina Antonacci e Donald Sulzen, in una serata di gala dal titolo eloquente: "Tanti affetti"; ed è proprio stata un'atmosfera carica di affetti che ha accompagnato la musica e gli interventi di coloro che han reso possibile la riapertura di questo piccolo gioiello con il proprio lavoro ed impegno.

Vediamo ora il programma musicale della serata:

Reynaldo Hahn
Thindaris, Phyllis (Leconte de Lisle) da "Études Latines"

Claude Debussy
Mandoline, Il pleure dans mon coeur, Green (Verlaine) da "Ariettes oubliées"

Gabriel Fauré
Au bord de l'eau (Sully-Prudhomme), Après un rêve (Bussine), Tristesse (Gautier)

Reynaldo Hahn
"Venezia"
Sopra l'acqua indormenzada (Pagello), La barcheta (Buratti), L'avertimento (Buratti), La Biondina in gondoleta (Lamberti), Che pecà! (dall'Ongaro)

Francesco Paolo Tosti
"Quattro Canzoni d'Amaranta" (D'Annunzio)
Lasciami! Lascia ch'io respiri, L'alba separa dalla luce l'ombra, In van preghi, Che dici, o parola del saggio?   

Pietro Mascagni
Serenata (Stecchetti), La tua stella (Fiorentino)

Francesco Cilea
Non ti voglio amar (Pessina)

Georges Bizet
Chanson Bohème da "Carmen"   

Bis
Gerónimo Giménez
La Tarántula é un bicho mú malo

Francesco Paolo Tosti
Marechiare

Anna Caterina Antonacci ha incantato veramente il pubblico con una pronuncia perfetta ed un canto di altissimo livello; ogni brano è stato un gioiello a sé, con la propria identità e i propri stati d'animo. Canto sempre sul fiato (questo è il VERO Canto!) capace di mille sfumature espressive, ossia un canto che oggi molto raramente abbiamo la fortuna di poter ascoltare.
 
Naturalmente c'è stata anche una grande interpretazione, e la recitazione (specialmente in Venezia di Hahn e La Tarántula di Giménez) ha davvero catturato il pubblico, che partecipava al significato del testo così chiaramente espresso; voglio però insistere sul Canto di questa grande Artista, perché è da lì che nasce tutta l'enorme espressività di cui ha dato prova: il Canto vero che oggi è troppo spesso dimenticato, il Canto che viene dall'uso del diaframma e non dallo spingere il suono, il Canto che quindi può andare dal sussurro al pianissimo, dal mezzoforte al fortissimo, sempre sonoro e che raggiunge l'ascoltatore anche quando è un fil di voce; il Canto basato sulla pronuncia perfetta che rende possibile al pubblico la comprensione di questi stupendi testi poetici. 
Così deve essere il Canto: bellezza ed espressività, musica e interpretazione, suono e parola, in un insieme inscindibile.

Donald Sulzen ha fatto uscire dal pianoforte sonorità sempre in sintonia con l'interpretazione della cantante, ne ha seguito i respiri e le sfumature, ha reso l'accompagnamento parte viva ed interpretata, e così è se a suonare è un grande accompagnatore (e non è un termine riduttivo, perché non tutti i pianisti sono in grado di accompagnare veramente il cantante e di rendere il pianoforte un'altra voce con la quale il cantante duetta in un'unione armoniosa).

Anche se tutto il concerto mi ha entusiasmato, vorrei segnalare i pezzi che più mi hanno fatto emozionare, ovvero le Quattro Canzoni di Amaranta, sempre stupende nell'intensa interpretazione dell'Antonacci ("l'amante che ha nome Domani m'attende nell'ombra infinita" fa sempre venire i brividi!), Après un rêve e le deliziose Serenata di Mascagni e Non ti voglio amar di Cilea.

La serata è stata organizzata e condotta simpaticamente da Angelo Zannarini, che con i suoi interventi, oltre a parlare della ricostruzione e di chi l'ha resa possibile, ha saputo introdurre il pubblico nel mondo bellissimo delle Melodie da salotto scritte tra '800 e '900, mondo che le piccole dimensioni del Teatro Zeppilli e l'atmosfera di confidenza che riempiva la sala e il palco hanno aiutato a ricreare in una serata unica e magica.

Per chi fosse interessato qui si possono trovare altri eventi legati alla riapertura del Teatro Comunale Alice Zeppilli:
http://www.comune.pievedicento.bo.it/servizi-on-line/events/2013-ottobre-novembre-dicembre/tanti-affetti

Anna Caterina Antonacci


















Donald Sulzen

domenica 1 dicembre 2013

Bologna - le poesie di Cimmino rivivono con la musica di Walter Proni

Sabato 30 novembre il Circolo Ufficiali dell'Esercito di Bologna ha ospitato una serata davvero molto piacevole: Walter Proni presentava sue composizioni su testi del poeta Francesco Cimmino.
La composizione di queste melodie si inserisce in un progetto che vorrebbe ridare la giusta attenzione a questo poeta (e non solo poeta!) purtroppo oggi semi dimenticato.


 Il concerto, che vedeva lo stesso Proni al pianoforte accompagnare il soprano Claudia Garavini, è stato un succedersi di emozioni legate all'amore, grazie alla sintonia della musica con i bei testi; è stata data grande attenzione alle poesie, sempre lette prima dell'esecuzione di ogni brano.

Queste tredici melodie hanno riportato il pubblico a quel bel momento culturale che visse a cavallo tra '800 e '900, quando la musica e la poesia italiana si univano per affascinare e raccontare di emozioni senza tempo, di amore e di sofferenza, di fede e di lontananza, che ancora oggi sentiamo attuali ascoltando, per esempio, una delle tante stupende melodie di Francesco Paolo Tosti.

L'attualità dei testi poetici di Cimmino è data dalla loro verità, dalla spontaneità con cui parlano dei sentimenti; viene da dire anzi che siano i sentimenti stessi a parlare, e che Cimmino, grazie al suo animo sensibile che ha fatto da tramite, abbia trascritto le loro parole.
La musica di Walter Proni è in piena sintonia con i testi per lo stesso motivo: essa scaturisce naturale, è la versione musicale delle inflessioni che la voce avrebbe parlando di quei sentimenti.

L'unione di questi due elementi, musica e parola, risulta quindi in questo caso dar vita ad un flusso di emozioni di grande bellezza, bellezza oggettiva e pura; la bellezza dell'amore che è così forte da non lasciare che il dolore del distacco guasti l'ebbrezza del sentimento, ma anche la bellezza dell'amore finito, senza più speranze. Sì, perché anche nella sofferenza c'è bellezza: può essere il momento in cui, dopo l'ebbrezza della gioia e dell'amore, ci si risveglia e si ritrova se stessi, seppure nel dolore; e solo ritrovando se stessi si può ripartire verso nuovi orizzonti, rinnovati e pronti ad essere di nuovo felici.

La serata è trascorsa benissimo, ogni pezzo era nuovo e sapeva catturare l'ascoltatore. È stata molto positiva la risposta del pubblico.

Queste melodie, per chi fosse interessato, possono essere ascoltate nel CD Oh dolce cosa amarti! , con gli stessi interpreti del concerto e con un libretto che riporta tutti i testi e uno scritto su Cimmino.

Ecco il link al sito del duo Garavini - Proni: http://www.duogaraviniproni.it/

venerdì 25 ottobre 2013

Lo splendore di Verdi

In questi giorni mi sono chiesto varie volte in che modo avrei potuto ricordare Giuseppe Verdi in occasione dei suoi 200 anni.

Non sapevo proprio come fare! Non volevo inoltrarmi in discorsi lunghi sul suo valore, e non riuscivo nemmeno a ritrovare e descrivere tutte le emozioni  che Verdi mi ha dato ai miei primi ascolti operistici.

Girando per il web ho ritrovato un sito che già conoscevo, Liber Liber, che offre gratuitamente moltissimi libri ma anche molta musica di gran valore; ho ritrovato allora alcune registrazioni effettuate dalla RAI nel cinquantenario della morte di Verdi e, stupito dalla loro bellezza, ho deciso che le avrei utilizzate per questo mio piccolo post.

La maggior parte dei cantanti presenti in queste registrazioni sono stupendi quanto dimenticati: un peccato enorme! Queste registrazioni dovrebbero essere ascolti obbligatori nei Conservatori e nelle Scuole di Musica per gli studenti di canto, ma soprattutto per gli insegnanti.
In queste registrazioni si sente la vera scuola di canto, il canto del testo ben pronunciato, il canto mai volgare e sempre ben impostato; insomma, la cosa più lontana dai suoni ingrossati o ingolati, dagli urli, dai versi, dalle smorfie che da sessant'anni a questa parte sono andati via via sempre più diffondendosi, con l'ausilio di cantanti mediocri o pessimi lanciati a livello di star, e anche con quello di insegnanti di canto che non hanno la minima idea di cosa stiano insegnando.

Ascoltiamo allora insieme questi esempi di canto davvero bello, non tutti allo stesso livello ma sempre importanti e piacevoli, che ci possono davvero far apprezzare del tutto la bellezza della musica del nostro grande Verdi!


Vorrei cominciare dalla grande Caterina Mancini, protagonista di varie di queste registrazioni; ascoltiamo la sua Abigaille del Nabucco, attorniata da altri due bravi cantanti: Mario Binci (Ismaele) e Gabriella Gatti (Fenena) e diretta da Fernando Previtali.


Una voce potente ma usata con maestria senza mai scadere nell'urlo, capace di sfumature. Sentiamo anche l'aria del II Atto:


Io la trovo fantastica, una delle migliori Abigaille della storia.
 La Mancini è anche protagonista della registrazione di Aida diretta da Vittorio Gui; sentiamola duettare con il baritono Rolando Panerai, il quale rende giustizia alla regalità del personaggio di Amonasro, troppo spesso gridato da baritoni più ricordati di lui:


Nella stessa registrazione possiamo sentir duettare l'Amneris di Giulietta Simionato e il Radamès di Mario Filippeschi; la prima grande interprete oltre che gran cantante, il secondo forse carente nell'interpretazione ma con una voce molto ben impostata e squillante:




 Sentiamo ora un altro tenore dimenticato che io trovo niente male: non eccellente ma un onesto cantante, Gino Penno nell'Ernani diretto da Fernando Previtali:


Sempre dalla stessa opera ecco il grandissimo Giuseppe Taddei in duetto con la Mancini:


 E dato che siamo ritornati alla nostra Caterina Mancini ascoltiamo il suo Allor che i forti corrono dall'Attila, con il grande basso Italo Tajo, direttore Carlo Maria Giulini.


Ecco un altro soprano, Maria Vitale, in Ciel, ch'io respiri! dall'Aroldo, direttore Arturo Basile.

Ascoltiamo ora la possente voce di Giangiacomo Guelfi ne I due Foscari, diretto da Carlo Maria Giulini.

Cambiamo genere e andiamo all'opera buffa con una delle opere meno conosciute di Verdi: Un giorno di regno, qui diretta da Alfredo Simonetto.
Cominciamo con l'aria della Marchesa del Poggio cantata dalla grande Lina Pagliughi:


Ascoltiamo ora il finale del I Atto, con Lina Pagliughi, Sesto Bruscantini (Barone di Kelbar), Renato Capecchi (Cavalier di Belfiore), Laura Cozzi (Giulietta di Kelbar), Juan Oncina (Edoardo di Sanval) e Cristiano Dalamangas (Tesoriere La Rocca).



Ecco l'aria del tenore cantata dal fantastico Juan Oncina


Ora un duetto con Sesto Bruscantini e Cristiano Dalamangas:

Ritorniamo al repertorio più frequentato con Il trovatore, diretto da Fernando Previtali.
Qui il quartetto di protagonisti è a dir poco favoloso: Giacomo Lauri-Volpi (Manrico), Caterina Mancini (Leonora), Carlo Tagliabue (Conte di Luna), Miriam Pirazzini (Azucena).

Cominciamo con il duetto tra Leonora e il Conte di Luna, che vede confrontarsi due colossi del Canto italiano:


E continuamo col terzetto tra Manrico, Leonora e Azucena:

Voglio concludere questo omaggio allo splendore di Verdi con due pagine dal Simon Boccanegra, dirette da Francesco Molinari-Pradelli; la prima è A te l'estremo addio, cantata dal basso Mario Petri:

La seconda, con la quale saluto e ringrazio i miei lettori, è la scena di Amelia e Gabriele all'inizio del I Atto, cantata dal grandissimo Carlo Bergonzi, allora da poco passato alla corda tenorile da quella baritonale ma già fantastico, e da Antonietta Stella:



Per altri ascolti:
 









domenica 29 settembre 2013

Le donne pucciniane: Manon Lescaut

Manon è una ragazza di diciotto anni che è stata destinata dalla propria famiglia al chiostro; durante il viaggio che la dovrà portare alla triste destinazione, accompagnata dal sergente Lescaut (suo fratello), incontra Geronte di Ravoir, vecchio tesoriere.




La loro carrozza sosta presso un'osteria ad Amiens, ed è qui che Manon, lasciata qualche momento sola dai compagni di viaggio, incontra Renato Des Grieux, un giovane studente che subito si innamora di lei.
Lei sembra rassegnata al proprio destino, ma Renato riesce a strapparle la promessa di un altro incontro, al scender della sera.
Quando i due giovani si ritrovano Des Grieux porta una brutta notizia: Geronte ha deciso di rapire Manon e una carrozza è già pronta a partire dietro all'osteria; l'unica soluzione è approfittare del piano del tesoriere e fuggire prima che il vecchio se ne accorga. Manon all'inizio non vuole, ma poi accetta e parte con Des Grieux. 
Quando Geronte scopre la fuga vorrebbe inseguirli insieme al fratello di Manon, ma quest'ultimo lo dissuade: conosce bene Manon e sa che non può vivere in povertà; quando si sarà stancata di una vita di miseria sarà facile per loro portarla via dalle braccia dello studente.


Manon, come previsto dal fratello, ha ceduto. Se n'è andata dalla casa di Des Grieux senza nemmeno salutarlo ed ora vive nella ricchezza con Geronte; tra tutto quell'oro e quegli oggetti preziosi c'è qualcosa che le manca, e lo dice al fratello: non trova più il calore e l'amore a cui si era abituata.


 Manon
(Si guarda intorno e si ferma cogli occhi all’alcova.)
In quelle trine morbide,
nell’alcova dorata
v’è un silenzio, un gelido mortal –
v’è un silenzio,
un freddo che m’agghiaccia!
Ed io che m’ero avvezza
a una carezza voluttuosa
di labbra ardenti e d’infuocate braccia
or ho tutt’altra cosa!
O mia dimora umile,
tu mi ritorni innanzi –
gaia, isolata, bianca,
come un sogno gentil e di pace e d’amor!

Manon desidera avere notizie di Des Grieux, e il fratello le confida di essere rimasto in amicizia con lui; non ha detto allo studente dove si trova Manon, ma l'ha convinto a darsi al gioco d'azzardo per poter trovare i soldi che la riavvicinerebbero a lui.
Intanto il cerimoniale di galanterie nella casa di Geronte ha inizio: giungono alcuni musici che cantano un madrigale appositamente composto da Geronte, e poi è il momento della lezione di ballo alla presenza di anziani amici del padrone di casa che guardano con desiderio malcelato la giovane ragazza.
Questa intona una risposta al madrigale sentito poco prima, dove si cantava con riferimento mitologico l'amore di Clori e Fileno; nella risposta di Manon Clori è innamorata di un altro, Tirsi, e lo invita a raggiungerla:

Manon
L’ora, o Tirsi, è vaga e bella,
ride il giorno, ride intorno
la fida pastorella.
Te sospira, per te spira.
Ma tu giungi e in un baleno
viva e lieta è dessa allor!
Ah, vedi il ciel!
Com’è sereno sul miracolo d’amor!

Gli ospiti e Geronte escono per una passeggiata, mentre Manon si prepara per raggiungerli; giunge però all'improvviso Des Grieux, indirizzato dal fratello della ragazza: Manon è entusiasta, ma lui si dimostra offeso ed arrabbiato.
Lei cerca il suo perdono, e riesce facilmente ad ottenerlo con una frase detta con voluttà: "Son forse della Manon d'un giorno meno piacente e bella?"
La fiamma che ardeva nel petto del giovane è ora completamente riaccesa, e i due si abbandonano ad un rito quasi divino di baci:


Manon
Oh, sarò la più bella!
(prende la mantiglia posata sopra una seggiola: sente che qualcuno si avvicina. Crede sia il servo)
Dunque questa lettiga?...
(Des Grieux appare alla porta; è pallidissimo. Manon gli corre incontro in preda ad una grande emozione)
Tu, tu, amore? Tu?
Tu? Ah! mio immenso
amore?... Dio!
Des Grieux (con gesto di rimprovero)            
Ah, Manon!
Manon
Tu non m'ami dunque più?
M'amavi tanto!
Oh, i lunghi baci!
Oh, il lungo incanto!
La dolce amica d'un tempo
aspetta la tua vendetta.
Oh, non guardarmi così
non era la tua pupilla
tanto severa!
Des Grieux (violentemente)   
Sì, sciagurata,
la mia vendetta...
Manon
Ah! La mia colpa!
È vero!
Des Grieux
Ah! Sciagurata,
la mia vendetta...
Manon
Ah! È vero!
Non m'ami più...
Ah! É vero! Non m'ami
dunque più?
M'amavi tanto;
Non m'ami più!
Des Grieux
Taci... tu il cor
mi frangi!
Tu non sai le giornate
che buie, desolate
son piombate su me!
Manon
Io voglio il tuo perdono.
Vedi? Son ricca.
Des Grieux
Taci!
Manon
Questa non ti sembra
una festa d'ori
e di colori?
Tutto è per te.
Des Grieux
Deh! Taci!
Manon
Pensavo a un avvenir
di luce;
Amor qui ti conduce...
T'ho tradito,
è ver!
(s’inginocchia)
Ai tuoi piedi son!
T'ho tradito!
Sciagurata dimmi,
ai tuoi piedi son!
Ah! Voglio il tuo perdono.
Non lo negar! Son forse
della Manon d'un giorno
meno piacente e bella?
Des Grieux (desolato)
O tentatrice! È questo
l'antico fascino
che m'acceca!
Manon (prendendo una mano a Des Grieux)
È fascino d'amore;
cedi, son tua!
Des Grieux
Più non posso lottar!
Son vinto!
Manon (affascinante, si alza, circondando con le braccia Des Grieux)
Cedi, son tua...
Ah! Vieni! Colle
tue braccia
stringi Manon che t'ama...
Des Grieux
Non posso lottar,
o tentatrice!
Manon
... stretta al tuo
sen m'allaccia!
Manon te solo brama!
Des Grieux
Più non posso lottar!
Manon
Cedi, son tua!
Des Grieux
Son vinto; io t'amo!
Più non posso lottar!
Manon
Ah vien!
Manon te solo brama!
Vieni, colle tue
braccia stringi Manon
che t'ama!
Des Grieux
Nel l'occhio tuo profondo
io leggo il mio destin;
tutti i tesor del mondo
ha il tuo labbro divin!
Manon
Ah! Manon te solo brama,
stretta al tuo sen
m'allaccia!
Alle mie brame torna
deh! torna ancor!
I baci miei son questi!
Questo é il mio amor!
Vivi e t'inebria
sovra il mio cor!
Deh, torna ancor!
Ah! Vivi e t'inebria
sovra il mio cor...
La bocca mia é un altare
dove il bacio é Dio!
(con immensa dolcezza si accosta a Des Grieux)
Des Grieux
I baci tuoi son questi!
Questo é il tuo amor!
(Manon si abbandona fra le braccia di Des Grieux. Lui la fa dolcemente sedere sul sofà)
M'arde il tuo bacio,
dolce tesor!
In te m'inebrio ancor,
dolce tesor!
Nelle tue braccia care
v'è l'ebbrezza, l'oblio!
Manon
Labbra adorate e care!
Des Grieux
Manon, mi fai morire!
Manon
Labbra dolci a baciare!
Manon e Des Grieux
Dolcissimo soffrir!
Arriva però improvvisamente Geronte, che rimane sorpreso nel vederli insieme. Inizia a rimproverare Manon per il modo in cui ricambia il suo amore, e lei gli risponde prendendo uno specchio e invitandolo a confrontare se stesso con lei e Des Grieux. Geronte se ne va offeso.

Des Grieux vorrebbe partire subito, ma Manon mostra dispiacere nel doversi staccare dalle ricchezze. Lui, esasperato, la rimprovera: lei che è allo stesso tempo la donna dell'abbandono ardente, della vaghezza, della bonta, ma anche la donna che si perde per le ricchezze.
Manon non fa in tempo a scusarsi che suo fratello piomba nella stanza avvertendoli che Geronte li ha denunciati e che sta arrivando con le guardie: per Manon c'è il rischio dell'esiglio.

Des Grieux si affretta ad organizzare la fuga ma Manon si perde a raccimolare ricchezze, quasi incantata da esse, e questa è la sua fine: Le guardie arrivano guidate da Geronte e la arrestano.


Arriva il giorno in cui Manon e altre cortigiane devono essere imbarcate per l'esiglio in America. Il tentativo di salvataggio preparato da Des Grieux e Lescaut fallisce e così Manon viene imbarcata. Des Grieux, però, disperato, si fa assoldare come mozzo sulla nave per non perderla per sempre.

Arrivati in America però non trovano la felicità; nuove disavventure li portano a vagare nel deserto, e qui si perdono in preda alla sete.
Des Grieux va alla ricerca di un soccorso, e Manon, rimasta sola, sente la morte avvicinarsi e ne ha paura:


(Manon, sola l’orizzonte s’oscura; l’angoscia vince Manon; è stravolta, impaurita, accasciata.)
Sola, perduta, abbandonata
in landa desolata...
Orror!
Intorno a me s'oscura il ciel.
Ahimé, son sola!
E nel profondo deserto
io cado, strazio crudel,
ah sola, abbandonata,
io, la deserta donna.
(alzandosi)
Ah, non voglio morire!
Tutto dunque è finito.
Terra di pace mi sembrava questa…
Ahi, mia beltà funesta,
ire novelle accende!
Strappar da lui mi si voleva,
or tutto il mio passato
orribile risorge
e vivo innanzi
al guardo mio si posa.
Ah, di sangue ei s'è macchiato!
Ah, tutto è finito!
Asil di pace ora la tomba invoco…
No, non voglio morire!
Amore… aita!

Des Grieux ritorna, ma senza aver trovato nulla scrutando l'orizzonte. Manon ormai non resiste più; lui la fa appoggiare sul suo cuore, quasi a volerle donare la propria energia vitale, ma tutto è inutile.
Le tenebre eterne cingono Manon, che muore consapevole delle proprie colpe, ma anche sicura che esse saranno cancellate dall'oblio, mentre il suo amore rimarrà in eterno e non morirà mai.
E infatti, grazie al grande Puccini, noi siamo ancora qui ad amarla e a piangere con lei.

(entra Des Grieux precipitosamente. Manon gli cade tra le braccia. Ridestandosi:)
Manon
Fra le tue braccia, amore...
L'ultima volta!
(si sforza; sorride simula speranza)
Apporti tu novella lieta?
Des Grieux (con immensa tristezza)
Nulla rinvenni…
l'orizzonte nulla mi rivelò…
lontano spinsi lo sguardo invano.
Manon
Muoio, scendon le tenebre.
Su me la notte scende.
Des Grieux
Un funesto delirio
ti percuote, t'offende!
Posa qui dove palpito,
in te ritorna ancor.
Manon (con passione infinita)
Oh, t'amo tanto e muoio…
Già la parola manca al mio voler…
Ma posso dirti che t'amo tanto!
Oh, amore!
Ultimo incanto,
ineffabile ebbrezza,
o mio estremo desir!
T’amo, t’amo tanto.
(Manon cade lentamente, mentre Des Grieux cerca nuovamente di sostenerla tra le sue braccia. Il giovane le tocca il volto, poi fra sé, atterrito:)
Des Grieux
Gelo di morte!
Dio, l'ultima speme infrangi!
Manon (con voce sempre più debole)
Mio dolce amor, tu piangi…
Ora non è di lagrime,
ora di baci è questa.
Il tempo vola, baciami!
Des Grieux
O immensa delizia mia,
tu fiamma d'amore eterna…
Manon
La fiamma si spegne…
Parla, deh, parla…
ahimé, più non t'ascolto…
Qui, vicino a me,
voglio il tuo volto…
Così… mi baci…
Vicino a me…
Ancor ti sento…
Des Grieux
Senza di te…
perduto… ti seguirò…
Manon (con un ultimo sforzo, solennemente imperiosa)
Non voglio! Addio…
cupa è la notte… ho freddo…
Era amorosa la tua Manon?
Rammenti? Dimmi…
la luminosa mia giovinezza?
Il sole più non vedrò…
Des Grieux
Mio Dio!
Manon
Le mie colpe… travolgerà l'oblio,
ma l'amor mio… non muore…
(Manon muore. Des Grieux, pazzo di dolore, scoppia in un pianto convulso, poi cade svenuto sul corpo di Manon.)






sabato 21 settembre 2013

Le donne pucciniane: Mimì

Cari lettori, da oggi pubblicherò una volta a settimana un post dedicato ad una delle splendide creature femminili di Puccini.

Cominciamo da Mimì de La Bohème, personaggio che amo particolarmente.


Mimì entra in scena per caso; la prima volta che appare bussa alla porta della soffitta in cui abita il poeta Rodolfo perché, mentre sale le scale per andare alla sua camera, le si è spento il lume.
Ha un lieve svenimento, Rodolfo la fa rinvenire e dopo aver accettato un po' di vino esce di scena.
Presto però è di ritorno: ha perduto in quella soffitta la chiave di casa e chiede a Rodolfo di cercarla insieme a lei; il vento spegne i lumi lasciandoli al buio e il poeta fa il resto: nasconde la chiave che è riuscito a trovare nel buio e fa in modo che la sua mano e quella di Mimì si incontrino.
Inizia a raccontarle chi è e come vive, e poi chiede a lei di dire qualcosa; Mimì risponde con parole semplici, ma sincere e profonde come la melodia che accompagna le sue parole:

Mimì
(È un po' titubante, poi si decide a parlare; sempre seduta.)
Sì.
Mi chiamano Mimì,
ma il mio nome è Lucia.
La storia mia
è breve. A tela o a seta
ricamo in casa e fuori...
Son tranquilla e lieta
ed è mio svago
far gigli e rose.
Mi piaccion quelle cose
che han sì dolce malìa,
che parlano d'amor, di primavere,
di sogni e di chimere,
quelle cose che han nome poesia...
Lei m'intende?

Rodolfo
(commosso)
Sì.

Mimì
Mi chiamano Mimì,
il perché non so.
Sola, mi fo
il pranzo da me stessa.
Non vado sempre a messa,
ma prego assai il Signore.
Vivo sola, soletta
là in una bianca cameretta:
guardo sui tetti e in cielo;
ma quando vien lo sgelo
il primo sole è mio
il primo bacio dell'aprile è mio!
Germoglia in un vaso una rosa...
Foglia a foglia la spio!
Cosi gentile
il profumo d'un fiore!
Ma i fior ch'io faccio, ahimè! non hanno odore.
Altro di me non le saprei narrare.
Sono la sua vicina
che la vien fuori d'ora a importunare. 


 Chi non si sarebbe innamorato dopo una presentazione del genere?
Ormai l'amore è sbocciato, ma gli amici che stanno aspettando Rodolfo iniziano a fargli fretta dalla strada. Rodolfo vorrebbe rimanere solo in casa con Mimì, ma lei suggerisce di uscire insieme agli amici; i due si incamminano chiamandosi "Amore".


Rodolfo
O soave fanciulla, o dolce viso
di mite circonfuso alba lunar
in te, vivo ravviso
il sogno ch'io vorrei sempre sognar!
(cingendo con le braccia Mimì)
Fremon già nell'anima
le dolcezze estreme,
nel bacio freme amor!
(La bacia.)

Mimì
(assai commossa)
Ah! tu sol comandi, amor!...
(quasi abbandonandosi)
(Oh! come dolci scendono
le sue lusinghe al core...
tu sol comandi, amore!...)

Mimì
(svincolandosi)
No, per pietà!

Rodolfo
Sei mia!

Mimì
V'aspettan gli amici...

Rodolfo
Già mi mandi via?

Mimì
(titubante)
Vorrei dir... ma non oso...

Rodolfo
(con gentilezza)

Di'.
Mimì
(con graziosa furberia)
Se venissi con voi?

Rodolfo
(sorpreso)
Che?... Mimì?
(insinuante)
Sarebbe così dolce restar qui.
C'è freddo fuori.

Mimì
(con grande abbandono)
Vi starò vicina!...

Rodolfo
E al ritorno?

Mimì
(maliziosa)
Curioso!

Rodolfo
(Aiuta amorosamente Mimì a mettersi lo scialle.)
Dammi il braccio, mia piccina.

Mimì
(Dà il braccio a Rodolfo.)
Obbedisco, signor!
(S'avviano sottobraccio alla porta d'uscita.)

Rodolfo
Che m'ami di'...

Mimì
(con abbandono)
Io t'amo!

Rodolfo
Amore !

Mimì
Amor!

Purtroppo questo amore, come d'altronde ogni amore, non è destinato a proseguire indisturbato; Mimì e Rodolfo litigano spesso, lui è geloso e la rimprovera, finché una notte se ne va di casa dicendo che è finita. Mimì non sa cosa fare, perché i due han già provato a dividersi ma non ne sono stati capaci; va allora in cerca del pittore Marcello, uno degli amici di Rodolfo, per chiedegli di aiutarlo, raggiungendolo all'osteria dove lavora come pittore:

Marcello
(Esce dal Cabaret e con sorpresa vede Mimì.)
Mimì?!

Mimì
Son io. Speravo di trovarti qui.

Marcello
È ver. Siam qui da un mese
di quell'oste alle spese.
Musetta insegna il canto ai passeggeri;
Io pingo quel guerrier
sulla facciata.
(Mimì tossisce.)
È freddo. Entrate.

Mimì
C'è
Rodolfo?

Marcello
Sì.

Mimì
Non posso entrar.

Marcello
(sorpreso)
Perché?

Mimì
(Scoppia in pianto)
O buon Marcello, aiuto!

Marcello
Cos'è avvenuto?

Mimì
Rodolfo m'ama. Rodolfo m'ama
mi fugge e si strugge per gelosia.
Un passo, un detto,
un vezzo, un fior lo mettono in sospetto...
Onde corrucci ed ire.
Talor la notte fingo di dormire
e in me lo sento fiso
spiarmi i sogni in viso.
Mi grida ad ogni istante:
Non fai per me, prenditi un altro amante.
Ahimè! In lui parla il rovello;
lo so, ma che rispondergli, Marcello?

Marcello
Quando s'è come voi non si vive in compagnia.
Son lieve a Musetta ed ella è lieve
a me, perché ci amiamo in allegria...
Canti e risa, ecco il fior
d'invariabile amor!

Mimì
Dite bene. Lasciarci conviene.
Aiutateci voi; noi s'è provato
più volte, ma invano.
Fate voi per il meglio.

Marcello
Sta ben! Ora lo sveglio.

Mimì
Dorme?

Marcello
E piombato qui
un'ora avanti l'alba; s'assopì
sopra una panca.
(Fa cenno a Mimì di guardare per la finestra dentro il Cabaret.)
Guardate...
(Mimì tossisce con insistenza.)
(compassionandola)
Che tosse!

Mimì
Da ieri ho l'ossa rotte.
Fuggì da me stanotte
dicendomi: È finita.
A giorno sono uscita
e me ne venni a questa
volta .

Marcello
(osservando Rodolfo nell'interno del Cabaret)
Si desta...
s'alza, mi cerca... viene.

Mimì
Ch'ei non mi veda!

Marcello
Or rincasate...
Mimì... per carità,
non fate scene qua! 
Mentre arriva Rodolfo Mimì si allontana, ma si nasconde in modo da poter sentire il dialogo tra i due: in verità Rodolfo vede che Mimì si sta ammalando ogni giorno di più e che la fredda soffitta dove vivono in povertà la porterà alla morte, da questo deriva il suo comportamento. 
Mimì, sconvolta, ha un forte attacco di tosse unita al pianto, e Rodolfo si accorge della sua presenza; cerca di rassicurarla, ma ormai è inutile: Mimì da il suo addio a Rodolfo, con le dolorose indicazioni per come gestire la separazione che in questo caso si è costretti dare col cuore stretto. I due decidono di finire l'inverno insieme e di separarsi alla stagion dei fiori.


Mimì
(svincolandosi da Rodolfo)
Addio.

Rodolfo
(sorpreso)
Che! Vai?

Mimì
(affettuosamente)
D'onde lieta uscì
al tuo grido d'amore,
torna sola Mimì
al solitario nido.
Ritorna un'altra volta
a intesser finti fior.
Addio, senza rancor.
- Ascolta, ascolta.
Le poche robe aduna che lasciai
sparse. Nel mio cassetto
stan chiusi quel cerchietto
d'or e il libro di preghiere.
Involgi tutto quanto in un grembiale
e manderò il portiere...
- Bada, sotto il guanciale
c'è la cuffietta rosa.
Se... vuoi... serbarla a ricordo d'amor!...
Addio, senza rancor. 


Mimì si da alla vita della mantenuta, ma un giorno ritorna alla soffitta; ritorna stanca e morente accompagnata dall'amica Musetta.
Sentendo la morte è tornata per morire vicina a Rodolfo. Gli amici escono a chiamare un medico, Musetta va a cercare un manicotto col quale Mimì possa scaldarsi le mani, e così i due innamorati rimangono soli.
Mimì, che sembrava addormentata, apre gli occhi: aveva finto di dormire in modo da esser lasciata sola con Rodolfo... con alcune tra le più belle parole e con una musica stupenda Mimì dichiara ancora una volta il suo amore e ricorda la prima volta in cui è entrata in quella soffitta:


Mimì
(Apre gli occhi, vede che sono tutti partiti e allunga la mano verso Rodolfo, che gliela bacia amorosamente.)
Sono andati? Fingevo di dormire
perché volli con te sola restare.
Ho tante cose che ti voglio dire,
o una sola, ma grande come il mare,
come il mare profonda ed infinita...
(Mette le braccia al collo di Rodolfo.)
Sei il mio amore e tutta la mia vita!

Rodolfo
Ah, Mimì,
mia bella Mimì!

Mimì
(Lascia cadere le braccia.)
Son bella ancora?

Rodolfo
Bella come un'aurora.

Mimì
Hai sbagliato il raffronto.
Volevi dir: bella come un tramonto.
«Mi chiamano Mimì,
il perché non so...».

Rodolfo
(intenerito e carezzevole)
Tornò al nido la rondine e cinguetta.
(Si leva di dove l'aveva riposta, sul cuore, la cuffietta di Mimì e gliela porge.)

Mimì
(gaiamente)
La mia cuffietta...
Ah!
(Tende a Rodolfo la testa, questi le mette la cuffietta. Mimì fa sedere presso a lei Rodolfo e rimane colla testa appoggiata sul petto di lui.)
Te lo rammenti quando sono entrata
la prima volta, là?

Rodolfo
Se lo rammento!

Mimì
Il lume si era spento...

Rodolfo
Eri tanto turbata!
Poi smarristi la chiave...

Mimì
E a cercarla
tastoni ti sei messo!...

Rodolfo
...e cerca, cerca...

Mimì
Mio bel signorino,
posso ben dirlo adesso:
lei la trovò assai presto...

Rodolfo
Aiutavo il destino...

Mimì
(ricordando l'incontro suo con Rodolfo la sera della vigilia di Natale)
Era buio; e il mio rossor non si vedeva...
(Sussurra le parole di Rodolfo).
«Che gelida manina...
Se la lasci riscaldar!...»
Era buio
e la man tu mi prendevi...
(Mimì è presa da uno spasimo di soffocazione e lascia ricadere il capo, sfinita.)

Rodolfo
(Spaventato, la sorregge.)
Oh Dio! Mimì! 
Poco dopo, circondata da chi la ama e le vuole bene, Mimì chiude per l'ultima volta gli occhi, con le mani al caldo nel manicotto che le è stato appena portato.


mercoledì 31 luglio 2013

Licia Albanese: 100!

Il 22 luglio appena trascorso il soprano Licia Albanese ha festeggiato il suo centesimo compleanno (anche se sulla data di nascita, fissata nel 1913, vi sono delle dispute).
Mi sembra doveroso dedicare un post a questa Artista, sia per farle gli auguri che per offrire a chi la conosce poco (o non la conosce) un'occasione per ascoltarla.


 Licia Albanese ha svolto la propria carriera soprattutto in America, ed è stata presente per ben 26 stagioni al Metropolitan di New York.
La sua fama oggi è legata soprattutto alle registrazioni di La bohème e La traviata dirette da Toscanini, ma valutarla solo sulla base di queste registrazioni e delle poche altre effettuate in studio è, secondo me, limitativo.
Per fortuna abbiamo molte registrazioni dal vivo che ci danno un'idea più completa di questa cantante.
Io sono sempre rimasto colpito dall'intensità delle sue interpretazioni: risulta sempre credibile e coerente e non si risparmia, mette tutta se stessa nel personaggio che sta interpretando.

Ascoltiamo a proposito il duetto tra Mimì e Marcello dal Quadro III della Bohème, qui in una registrazione del 1958 insieme al baritono Mario Sereni:


Trovo che sia una bellissima e intensa interpretazione di Mimì in questo momento triste e pieno di dolore, quando non sa come separarsi da Rodolfo.

La voce di Licia Albanese non è particolarmente bella, ma grazie al sostegno di una buona tecnica, una tecnica (passatemi il termine) "genuina", che non dimentica mai la pronuncia del testo, riesce a sostenere bene anche i momenti di maggior tensione drammatica. 
Momenti che affronta interpretando e che, grazie alle qualità sopra citate - oggi dimenticate da troppi cantanti -, risolve con voce omogenea ed efficace.
Ecco per esempio uno dei passaggi centrali de La traviata, registrato nel 1946 insieme al tenore Richard Tucker:


Caratterizza molto bene anche la Micaela della Carmen, personaggio spesso reso come un'oca. Se è vero che nel Primo Atto non è forse molto brillante, nella sua aria dell'Atto Terzo ha la possibilità di riscattarsi, e mi sembra che la Albanese colga questa possibilità in pieno, in questa registrazione del 1941:

Bizet, Carmen: Je dis que rien ne m'épouvante

Il repertorio di questa cantante è abbastanza differenziato, e comprende anche ruoli per una voce più leggera rispetto a quelli per cui è più conosciuta; ecco la sua deliziosa Nannetta in una registrazione del 1949:


Abbiamo anche questa sua interpretazione mozartiana, che penso valga la pena ascoltare: 


Molto più famose sono le sue interpretazioni pucciniane, e soprattutto Madama Butterfly, suo personaggio favorito; il suo Un bel dì vedremo è secondo me uno dei migliori per purezza del canto e interpretazione:


Abbiamo ricordato qui una grande cantante che merita di essere tenuta ad esempio e, soprattutto, ascoltata. Le registrazioni disponibili su Youtube sono molte, e vi invito ad ascoltarne più che potete: un canto sano e pronunciato come questo non fa mai male. Bisogna dire anche che la voce di Licia Albanese è stata molto longeva, e che è presidente onorario della The Licia Albanese-Puccini foundation, che dal 1974 assiste giovani cantanti.
Voglio concludere questo post con il finale dei Pagliacci, dove pur interpretando con energia Licia Albanese non esagera mai e continua ad usare il suo canto omogeneo:


Tanti Auguri a Licia Albanese!



sabato 20 luglio 2013

Sciocchezze in rete: luoghi comuni e falsità su Renata Tebaldi

"In sostanza Renata Tebaldi ripristinò il lirismo, l'abbandono patetico, la linea vocale vincolata al canto "legato", il fraseggio nel quale le smorzature e i pianissimi avevano lo stesso peso espressivo dello scoppio di voce tornitruante. Tutto questo fu a volte scambiato per edonismo ed è probabilmente la più grave ingiustizia subita dalla Tebaldi durante la "querelle"."
(Rodolfo Celletti, La grana della voce)
 Questo articolo si ricollega al mio post precedente che parlava dei numerosi saccenti presenti in rete che si sentono depositari unici dei segreti del canto e che invece parlano solo per sparare luoghi comuni o giudizi critici personalissimi e senza nessun contatto con la realtà, vendendoli come verità assolute e provate.
In particolare in questo post parlerò di Renata Tebaldi, in quanto mi sono accorto che su internet va molto di moda svalutarla senza avere una minima idea di cosa sia il suo canto.
Questa moda penso sia iniziata ai tempi delle rivalità tra fan; ora, calmate le ire e le agitazioni proprie di quel periodo, penso sia giunto il momento di guardare i fatti con oggettività.



1. Primo luogo comune da smontare: "ha avuto un repertorio limitato"
Falso
Il repertorio di Renata Tebaldi comprende i seguenti compositori (parlando solo di opere e lavori di musica sacra integrali e affrontati dal vivo): Bach, Boito, Casavola, Catalani, Cilea, Giordano, Gounod, Haendel, Mascagni, Mozart, Pergolesi, Ponchielli, Puccini, Refice, Rossini, Spontini, Čajkovskij, Verdi, Wagner.
Da notare che il repertorio comprende lavori barocchi e di compositori come Cilea, Casavola, Spontini e Refice, non così facili da trovare nei repertori delle colleghe contemporanee.
2.  Secondo luogo comune: "Non sapeva fare le agilità"
Falso, e lo sentiamo subito dalla sua voce accompagnata da due testi di Celletti riguardo le sue interpretazioni dell'Assedio di Corinto di Rossini e del Giulio Cesare di Haendel:


"[...] Proprio in "Da tempeste il legno infranto", la Tebaldi rivela una notevole predisposizione al canto d'agilità e lascia udire alcuni picchettati che sembrano bolidi, come volume, rispetto a quelli normalmente eseguiti dai soprani di coloratura."
 "Nella preghiera dell'Assedio di Corinto di Rossini udiamo la stessa espressione estatica, la stessa continuità di legato, la stessa morbidezza e duttilità delle più reputate vocaliste rossiniane del 1960-1980, con in più la straripante ricchezza di armonici e di smalto che la voce della Tebaldi possedeva."
La lettura di questi testi, e soprattutto l'ascolto di questi due brani, ci ha preparati ad affrontare il punto su cui più si accaniscono i fieri sostenitori di luoghi comuni; un punto in cui unirò le più pesanti ed insensate critiche che, guarda caso, sono le più diffuse, il punto

3. "non sapeva fare gli acuti", "spingeva ed ingrossava le note centrali e quindi non riusciva ad andare sugli acuti", "cantava in maniera verista", "è stata un soprano che ha seguito la scia dei soprani precedenti, non ha fatto niente di nuovo", "aveva solo una bella voce", "non aveva tecnica ed ha cantato bene solo fino a quando era giovane e la natura ha retto".
Ho voluto riunire tutte queste scemenze (simbolo di così grande ignoranza che mi sono vergognato persino a trascriverle) per discuterle tutte insieme; ci sarebbero infiniti esempi da portare e parole da dire, ma preferisco fare un discorso unico per non rischiare di annoiare i miei gentili lettori.
Facciamo un passettino indietro e ripensiamo ai due brani che ho postato sopra: l'agilità, il rispetto dello stile dei compositori, la limpidezza della voce, l'uguaglianza dei suoni in tutta l'estensione, i picchettati precisi e fatti con una voce di tale dimensione (non dimentichiamoci che la voce della Tebaldi era enorme dal vivo, e le voci grandi sono anche le più difficili da gestire), metterebbero già da sole fuori gioco le affermazioni sulla scarsa tecnica, sul verismo del suo modo di cantare, sul fatto che non fosse innovativa e sulla pretesa che ingrossasse la voce. Le agilità e i picchettati non si fanno se si ingrossa la voce, e anche il fatto che avesse voce enorme in teatro confuta questa ipotesi, dato che più si ingrossa la voce e più essa perde brillantezza, chiarezza, espansione e potenza.
Ma vediamo anche cosa dice Celletti ne La grana della voce: 
"La Tebaldi restituì al tardo Verdi, a Puccini e anche a qualche autore verista una proprietà che era praticamente scomparsa nel ventennio precedente e riportò i relativi personaggi alle loro giuste dimensioni. Che non erano quelle di furenti emule dei soprani drammatici wagneriani, ma di eroine i cui scatti passionali erano momenti d'eccezione, non stato d'animo permanente."
L'equivoco sui suoi acuti è grande: per prima cosa sarebbe il caso che tutti capissero che la tecnica serve a sfruttare al massimo e al meglio la propria estensione vocale, ma che non ne crea una nuova. Ognuno ha la propria estensione vocale, e comunque non vedo dove sia il problema nel caso della Tebaldi: è un soprano lirico e arriva al do. Le note più acute serviranno ai soprani lirico-leggeri, ma non ai lirici.
Per far notare ulteriormente, anche se non dovrebbe essercene bisogno, che è un'idiozia affermare che spingesse gli acuti propongo un confronto: in questo duetto si può sentire come, mentre la Tebaldi canta basandosi su una salda tecnica, il tenore che sta cantando con lei spinge e schiaccia le note medio acute e acute, con effetto davvero fastidioso. Lui è quello che ha basato la carriera solo sulla bella voce e su poca tecnica, che cantava alla "verista", non la Tebaldi: 


Quanto alla durata della saldezza tecnica del suo canto ascoltiamo questo pezzo dalla Giovanna d'Arco:

Qui è strabiliante... nel 1964, a venti anni dal debutto, la voce è ancora fresca e meravigliosa, uguale e corposa dalle note gravi a quelle acute, senza assottigliamenti, con la capacita di sfruttare tutte le intensità, dal piano al forte, sia nelle note medie che in acuto.
Dieci anni dopo, quindi dopo trent'anni di carriera, cantava ancora così:


La caratteristica di Renata Tebaldi era che poteva mantenere una voce omogenea per tutta l'estensione, ma poteva anche modularla e passare dal pianissimo timbrato al forte mantenendo inalterata la corposità della propria voce. Mi dispiace per i detrattori ma questo modo di cantare può solo arrivare da una grande tecnica di canto, non ce la si può fare con la sola natura. Aveva una gestione del fiato grandiosa, e lo si sente quando riesce a sostenere tempi molto lenti, come in Alfredo, Alfredo di questo core nella Traviata radiofonica diretta da Giulini, oppure in questa Tosca:


Tutto questo lo faceva pronunciando: la pronuncia è fondamentale nel canto, ma alcune sue colleghe e molti cantanti contemporanei se ne dimenticano e pensano che cantare sia solo produrre suoni.
Le caratteristiche della sua voce la rendevano particolarmente adatta alle opere pucciniane, dove grazie all'ampiezza della gamma di suoni che sapeva produrre dava vita a momenti magnifici ed ineguagliati.
Sentite qui lo struggimento di "ed io venivo a lui tutta dogliosa", come canta pronunciando a fior di labbra, e sentite soprattutto "egli vede ch'io piango", che attacca piano e poi rinforza fino a produrre un'ondata di suono (altra cosa che senza tecnica è impossibile fare):



Spero di non essermi dilungato troppo, e spero soprattutto che questo post sia utile a chi ha voglia di scoprire una grande cantante senza pregiudizi (che poi può piacere o meno, quella è questione di gusto personale).



venerdì 19 luglio 2013

Sciocchezze operistiche in rete: individui da evitare

La rete e i social network sono ormai pieni di gruppi di appassionati di opera che discutono fra loro e si confrontano; questo è un fenomeno molto positivo.
Meno positive sono le  sciocchezze che spesso capita di leggere e che portano la firma di persone che sono fermamente convinte di dire verità inconfutabili e di essere veri saggi, pur non avendo nessuna competenza per giudicare.

Sia ben chiaro: esprimere opinioni diverse è giusto, come è giusto e bello che esprimano le proprie opinioni ascoltatori che non fanno parte degli "addetti ai lavori" (tra l'altro a volte sono quelli che hanno idee più sane e che sono disposti a cambiare idea sul proprio punto di vista davanti a valide motivazioni).
Il problema sono invece coloro che esprimono le proprie (spesso strampalate) idee ritenendo che siano le uniche vere.

Dividerei questi individui in tre categorie:
1. I "fan" sfegatati di questo o quel cantante, disposti ad incensarlo anche se lo sentono gracchiare;
2. Persone che da tanto o da poco tempo ascoltano l'opera da semplici ascoltatori, senza particolari competenze, ma che hanno una tale stima di se stessi che pretendono di essere critici ed insegnanti di canto senza aver mai cantato o aver letto un trattato sul canto;
3. Critici e cantanti veri e propri che hanno sempre dimostrato di non capir nulla di canto o che hanno fatto inspiegabilmente carriera (pur mostrando una tecnica molto precaria) e che, invece di starsene in silenzio e ringraziare per essere arrivati senza meriti dove sono, si ergono a saggi inconfutabili e geniali, custodi del vero sapere.

Questo breve post serve a mettere in guardia chi magari si sta avvicinando all'opera lirica e cerca consigli e opinioni: valutate bene la validità di quello che leggete, e andate sempre ad ascoltare poi il cantante di cui si parla per farvi una vostra personale opinione! E non ascoltatevi solo la stecca o la stonatura che viene messa in evidenza, perché in una lunga carriera capita anche ai grandissimi di sbagliare qualcosa!

Questa è anche una premessa a futuri post: appena incontrerò quelle che secondo me sono ingiustizie e luoghi comuni legati a cantanti meritevoli scriverò un post per cercare di confutare le falsità e rendere giustizia all'artista preso di mira.



sabato 25 maggio 2013

Recital Anna Caterina Antonacci - Donald Sulzen

Sono felice di scrivere qui le mie impressioni su un concerto favoloso che si è tenuto il 22 Maggio al Teatro Goldoni di Firenze.
Protagonisti erano Anna Caterina Antonacci e Donald Sulzen.




 
Ecco il programma della serata:

Claude Debussy
Mandoline, C'est l'extase, Il pleure dans mon coeur, Green (Verlaine)

Henri Duparc
Invitation au voyage (Baudelaire)

Ernest Chausson
Le temps des lilas (Bouchor)

Claude Debussy
Le promenoir des deux amants (l'Hermite)

Gabriel Fauré
Tristesse (Gautier), Au bord de l'eau (Sully-Prudhomme), Après un rêve (Bussine)

Francesco Paolo Tosti
Quattro canzoni d'Amaranta (D'Annunzio)

Hector Berlioz
La mort d'Ophélie (Legouvé da Shakespeare)

Claude Debussy
Chansons de Bilitis (Louÿs)

Richard Wagner
Wesendonck-Lieder (Mathilde Wesendonck)

Anna Caterina Antonacci ha incantato il pubblico dalla prima all'ultima nota con una voce pulitissima, capace di rendere con grande precisione qualsiasi effetto voluto dall'interprete, e con una pronuncia chiarissima che catturava l'ascoltatore ponendolo di fronte a tutta la bellezza dei testi delle melodie cantate.
Per quanto mi riguarda penso che il culmine della serata siano state le Quattro canzoni d'Amaranta di Francesco Paolo Tosti: un flusso continuo di emozioni generate dalla bellissima musica, dagli stupendi testi di D'Annunzio, da una grande interpretazione e da un gran bel canto sempre pronunciato; mi sono sentito davanti ad una manifestazione del Bello così forte da dare i brividi e da bloccarmi nel suo incanto; scendevano spontanee le lacrime in una simile emozione, che non avevo mai provato prima così forte in un teatro.

Tutta questa bellezza pura era splendidamente accompagnata da Donald Sulzen, che era in perfetta sintonia con la cantante, entrando in simbiosi con la sua interpretazione e facendo suo e del suo strumento ogni respiro di lei; di più: ha fatto cantare e respirare il pianoforte anche nei momenti in cui non accompagnava la voce, garantendo così una continuità di atmosfera per tutto il concerto.

Entrambi sono stati giustamente omaggiati da un pubblico più che festante, numerose sono state le chiamate e i complimenti lanciati ai due artisti, con tanto di mazzi di fiori portati alla Antonacci, la quale, generosa, ha concesso ben quattro bis agli ascoltatori che proprio non volevano lasciarla andar via.
Sono stati:

Anonimo Napoletano
Lu cardillo

Gerónimo Giménez
La Tarántula é un bicho mú malo

Francesco Paolo Tosti
Marechiare

Henry Mancini
Moon River

(quest'ultimo particolarmente mozzafiato)

Questo concerto si è svolto all'interno del Festival del Maggio Musicale Fiorentino, a cui va tutta la mia solidarietà in questo momento molto difficile; una realtà che riesce a proporre concerti di questo livello e che sanno dare al pubblico queste emozioni NON PUÒ e NON DEVE sparire. In un Paese come il nostro, dove per le spese inutili i soldi si trovano sempre non è assolutamente la Cultura (e che Cultura!) a dover essere tagliata o penalizzata.

Ringrazio tutti: Anna Caterina Antonacci, Donald Sulzen e tutti i lavoratori del Maggio Musicale Fiorentino che mi hanno donato una delle più belle serate della mia vita, una serata che ricorderò sempre, perché la Cultura è anche questo: emozione e cibo per l'anima. GRAZIE!

Alcuni ascolti:

Tosti, Quattro canzoni d'Amaranta
I. Lasciami! Lascia ch'io respiri