lunedì 11 febbraio 2013

Un Barbiere fantastico a Ferrara

Dopo un lungo silenzio sono davvero felice di tornare a scrivere in occasione di una stupenda recita de Il barbiere di Siviglia che si è tenuta il 10 febbraio 2013 al Teatro Comunale di Ferrara.

Diciamo che la locandina già prometteva bene:

Il barbiere di Siviglia

opera buffa in due atti

libretto di Cesare Sterbini
 
musica di Gioachino Rossini
interpreti e ruoli
Filippo Adami Il conte di Almaviva
Alfonso Antoniozzi Bartolo, dottore in medicina
Josè Maria Lo Monaco Rosina, pupilla di Bartolo
Gezim Myshketa Figaro, barbiere
Lorenzo Regazzo Basilio, maestro di musica
Alex Martini Fiorello
Novella Bassano Berta
Yannis Vassilaki Ufficiale

direttore Sergio Alapont
Orchestra Città di Ferrara
Voxonus Choir
maestro del coro Alessandro Toffolo
regia Italo Nunziata
scene e costumi Pasquale Grossi
disegno luci Patrick Latronica
Coproduzione Teatri e Umanesimo Latino S.p.A. - Treviso, Fondazione Teatro Comunale di Ferrara.
Allestimento Teatri e Umanesimo Latino S.p.A.

Dopo la sinfonia il sipario si è aperto su una scena stilizzata in cui dominava il blu (giustamente, dato che il momento è sul terminar della notte) e mi sono subito accorto che le promesse della locandina sarebbero state mantenute: molto bene il coro, che ha mantenuto il livello per tutta l'opera, e bravissimo il Fiorello di Alex Martini: una voce bella, pulita, ben impostata e timbrata.

È stato poi il momento dell'entrata dell'Almaviva di Filippo Adami, che se l'è cavata bene nella prima aria e la cui performance è andata migliorando man mano che procedeva l'opera, dando vita a scene molto ben cantate e interpretate con grande simpatia, come ad esempio i due travestimenti. Il suo Almaviva non è stato l'innamorato smorto e un po' scemotto che, purtroppo, a volte ci tocca vedere: ha dimostrato di essere veramente un conte, usando il giusto atteggiamento che non temeva di far trasparire anche una certa alterigia, giustificatissima (anzi, direi quasi necessaria) in un personaggio che con l'avanzare dell'età si troverà a cantare Vedrò mentr'io sospiro e a dimenticarsi della Rosina conquistata.
Oltre ad aver cantato e interpretato molto bene non si è risparmiato nei movimenti (tanto che ad un certo punto il tacco di una sua scarpa non è riuscito a reggere).

Il Figaro di Gezim Myshketa non ha solamente cantato molto bene la famosa cavatina, ma ha dimostrato anche grande personalità nei recitativi e nella recitazione. Il suo Canto è stato bello, spontaneo e vivo dall'inizio alla fine dell'opera, senza nessun momento di calo di intensità o espressività. L'interpretazione è stata intelligente e mai lasciata al caso, ha saputo mostrare Figaro in tutta il suo ingegno, senza però dimenticare che ciò che muove le sue azioni non è la simpatia per il Conte, ma quel metallo portentoso, onnipossente.

Josè Maria Lo Monaco ha, secondo me, una voce che con il personaggio di Rosina calza a pennello: dolce, morbida e sensuale, ma che all'occorrenza può assumere accenti decisi senza sporcarsi; questo naturalmente non è solo merito della voce, ma soprattutto della grande tecnica di questa cantante. È riuscita a rendere molto bene Una voce poco fa, sia vocalmente con bellissime agilità e nessun disagio nell'arco di tutta l'estensione, sia per quanto riguarda l'interpretazione intelligente: non è facile catturare il pubblico con un'aria che, anche se è un capolavoro, è stata ascoltata tante volte in ogni genere di esecuzione; lei ci è riuscita. Le stesse osservazioni valgono per il bellissimo duetto con Figaro.

Dal primo momento in cui è entrato in scena Alfonso Antoniozzi mi ha stupito per la sua voce: l'avevo ascoltata molte volte registrata ma non si può capire quale sia la sua portata se non dal vivo. Oltre ad un canto di altissimo livello ha dimostrato di essere entrato del tutto nel personaggio di Bartolo; non dico che sia Il Bartolo, perché i personaggi non dovrebbero mai essere visti in un unico modo che va bene per tutti gli interpreti: i don Bartolo che si sono affidati a questa visione hanno dato interpretazioni che potevano essere al massimo ben cantate, ma che non trasmettevano nulla se non noiose mosse stereotipate. E noioso è un aggettivo che non può andare d'accordo con Rossini. Antoniozzi ha studiato il personaggio, lo ha fatto suo; il suo Bartolo, che è coerente con il libretto e con la musica (e soprattutto è sempre coerente con se stesso), è divertentissimo, sa sfruttare anche i piccoli incidenti di scena e li rende parte dell'opera.

Benissimo anche il Don Basilio di Lorenzo Regazzo, con una divertente quanto ben cantata Calunnia e con un personaggio ben delineato che non è mai venuto meno a se stesso; lo stesso si può dire della Berta di Novella Bassano, sempre cantata (e non rantolata come purtroppo a volte capita) e convincente: priva di mossette false e da catalogo che si appagano di un effetto comico superficiale, ha dato il giusto spessore a questo personaggio spesso sottovalutato ma che a me piace davvero molto (Il vecchiotto cerca moglie è una delle arie che più mi piacciono e divertono).

Il trio Nunziata - Grossi - Latronica aveva già fatto un bel lavoro con il Don Pasquale visto l'anno scorso a Ferrara (e che ha aperto questo blog); per questo Barbiere ci propone un lavoro diverso ma altrettanto valido.
Questo allestimento ci dimostra che con la musica di Rossini e un cast di grandi cantanti - attori non c'è bisogno di farcire il palcoscenico di oggetti inutili: sul palco c'era l'essenziale, ma un essenziale molto ben gestito; allora per la casa di Don Bartolo non sono state necessarie tutte le pareti, perché il movimento dei personaggi era comunque guidato da itinerari precisi che facevano immaginare le parti della casa non esplicitate, e in questo modo l'allestimento trascinava lo spettatore all'interno del gioco scenico e lo rendeva partecipe; nello stesso momento in cui il gioco e la finzione venivano rivelati, anche grazie a personaggi in maschera che spostavano oggetti e interagivano coi personaggi, lo spettacolo riusciva ad attrarre ancora di più lo spettatore. Mi sono piaciute molto anche le luci vive che uscivano da porte e finestre immerse nel blu all'inizio dell'opera.

Aggiungendo a tali cantanti e a tale allestimento la direzione viva e partecipe di Sergio Alapont, che ha saputo accompagnare ma anche rendere vario il discorso musicale con freschezza e partecipazione, non poteva che risultare uno spettacolo davvero coinvolgente, di quelli a cui continui a pensare per giorni (personalmente ho continuato per una settimana a canticchiare il Barbiere di Siviglia mentre camminavo per strada).

Alla fine volevo anche esprimere un FINALMENTE! per aver potuto ascoltare l'Orchestra Città di Ferrara in una produzione importante, in un teatro che purtroppo tende a relegare le risorse cittadine ai "concerti del ridotto", quando invece possono fare molto di più.