venerdì 24 agosto 2012

La Traviata: analisi della prima parte del Secondo Atto

Il II atto si apre sulla casa dove Violetta e Alfredo hanno deciso di ritirarsi a vivere il loro Amore. Mentre Alfredo pensa ai benefici effetti del sentimento che li unisce entra affannata Annina; Alfredo riesce a farsi dire dalla cameriera che la sua padrona sta cercando di vendere i propri ultimi beni rimasti a Parigi per poter sostenere le spese che la nuova sistemazione comporta.
Alfredo non può sopportare l'idea che Violetta si sacrifichi per mantenerlo, e si lancia in una vibrante cabaletta:


 ALFREDO
Lunge da lei per me non v'ha diletto!
Volaron già tre lune
Dacché la mia Violetta
Agi per me lasciò, dovizie, onori,
E le pompose feste
Ove, agli omaggi avvezza,
Vedea schiavo ciascun di sua bellezza
Ed or contenta in questi ameni luoghi
Tutto scorda per me. Qui presso a lei
Io rinascer mi sento,
E dal soffio d'amor rigenerato
Scordo ne' gaudii suoi tutto il passato.
De' miei bollenti spiriti
Il giovanile ardore
Ella temprò col placido
Sorriso dell'amore!
Dal dì che disse: vivere
Io voglio a te fedel,
Dell'universo immemore
Io vivo quasi in ciel.
Annina, donde vieni?
ANNINA
Da Parigi.
ALFREDO
Chi tel commise?
ANNINA
Fu la mia signora.
ALFREDO
Perché?
ANNINA
Per alienar cavalli, cocchi,
E quanto ancor possiede.
ALFREDO
Che mai sento!
ANNINA
Lo spendio è grande a viver qui solinghi
ALFREDO
E tacevi?
ANNINA
Mi fu il silenzio imposto.
ALFREDO
Imposto! or v'abbisogna?
ANNINA
Mille luigi.
ALFREDO
Or vanne andrò a Parigi.
Questo colloquio non sappia la signora.
Il tutto valgo a riparare ancora.
O mio rimorso! O infamia
e vissi in tale errore?
Ma il turpe sogno a frangere
il ver mi balenò.
Per poco in seno acquétati,
o grido dell'onore;
M'avrai securo vindice;
quest'onta laverò.

Alfredo parte per mettere a posto la situazione risvegliato dal grido dell'onore; forse avrebbe fatto meglio a porgere l'orecchio ed ascoltare il cuore di Violetta.
Mentre Violetta sta aspettando un uomo d'affari si fa avanti un nuovo personaggio: Giorgio Germont, padre di Alfredo; entra prepotentemente, accusando subito Violetta, e quando lei gli mostra il sacrificio economico che sta compiendo rimane sorpreso. Venute meno tutte le motivazioni che avrebbe voluto addurre per far separare i due giovani, egli fa presente a Violetta che la sorella di Alfredo dovrà rinunciare al matrimonio in caso non finisse la loro relazione sconveniente per il passato di lei (che Giorgio non può dimenticare nemmeno in virtù dei suoi sacrifici). Violetta pensa ad una separazione momentanea, ma lui le sta chiedendo molto di più e alla fine riesce a convincerla, contrapponendo in maniera assurda la relazione sacra ed eterna della figlia con la relazione secondo lui traviata, e per questo temporanea, tra lei ed Alfredo. Violetta accetta di sacrificare l'unica cosa che ha al mondo, a patto però che nel momento in cui lei morirà Alfredo venga a conoscenza del suo sacrificio:


 VIOLETTA
a Germont, piangendo
Dite alla giovine - sì bella e pura

Ch'avvi una vittima - della sventura,
Cui resta un unico - raggio di bene
Che a lei il sacrifica - e che morrà!
GERMONT
Sì, piangi, o misera - supremo, il veggo,
È il sacrificio - ch'ora io ti chieggo.
Sento nell'anima - già le tue pene;
Coraggio e il nobile - cor vincerà.
Silenzio
VIOLETTA
Or imponete.
GERMONT
Non amarlo ditegli.
VIOLETTA
Nol crederà.
GERMONT
Partite.
VIOLETTA
Seguirammi.
GERMONT
Allor...
VIOLETTA
Qual figlia m'abbracciate forte
Così sarò.
S'abbracciano
Tra breve ei vi fia reso,

Ma afflitto oltre ogni dire. A suo conforto
Di colà volerete.
Indicandogli il giardino, va per scrivere
GERMONT
Che pensate?
VIOLETTA
Sapendol, v'opporreste al pensier mio.
GERMONT
Generosa! e per voi che far poss'io?
VIOLETTA
tornando a lui
Morrò! la mia memoria

Non fia ch'ei maledica,
Se le mie pene orribili
Vi sia chi almen gli dica.
GERMONT
No, generosa, vivere,
E lieta voi dovrete,
Merce' di queste lagrime
Dal cielo un giorno avrete.
VIOLETTA
Conosca il sacrifizio
Ch'io consumai d'amor
Che sarà suo fin l'ultimo
Sospiro del mio cor.
GERMONT
Premiato il sacrifizio
Sarà del vostro amor;
D'un opra così nobile
Sarete fiera allor.
VIOLETTA
Qui giunge alcun: partite!
GERMONT
Ah, grato v'è il cor mio!
VIOLETTA
Non ci vedrem più forse.
S'abbracciano
A DUE:
Siate felice Addio!


Un amico mi ha invitato a riflettere su questo duetto, che è il momento centrale dell'opera e troverà pieno sfogo nell'Amami Alfredo successivo, e mi ha proposto un interessante punto di vista: questo momento vede il confronto di due emarginati, una cortigiana ed un borghese di provincia; quest'ultimo è attaccato ai valori perbenisti della borghesia e ai suoi miti, mentre Violetta ha il desiderio di avvicinarsi ad una società per bene che le è preclusa a causa del proprio passato. Il momento stesso in cui lei si avvicina di più a questa società è il momento del massimo sacrificio, ad ulteriore conferma del fatto che non c'è un posto per lei felice nella borghesia per bene, ma un posto di sofferenza, Quasi che gli uomini le chiedano una dolorosa penitenza.

Partito Giorgio Violetta inizia a scrivere una lettera di addio ad Alfredo e si appresta a partire; Alfredo però la vede scrivere e si insospettisce, le racconta dell'arrivo di suo padre in città, le dice che sarà felice di conoscerla. Violetta è presa dal panico, sa che deve andarsene ma nello stesso tempo ha anche un piccolo moto di rivolta, pensa di poter pregar Giorgio affinché li lasci vivere insieme... la sua fine però è già decisa: saluta Alfredo con un addio tristissimo che lui non sa e non può capire ed esce di scena.


VIOLETTA
Dammi tu forza, o cielo!
Siede, scrive, poi suona il campanello
ANNINA
Mi richiedeste?
VIOLETTA
Sì, reca tu stessa
Questo foglio
ANNINA
ne guarda la direzione e se ne mostra sorpresa
VIOLETTA
Silenzio và all'istante
Annina parte
Ed ora si scriva a lui
Che gli dirò? Chi men darà il coraggio?
Scrive e poi suggella
ALFREDO
entrando
Che fai?
VIOLETTA
nascondendo la lettera
Nulla.
ALFREDO
Scrivevi?
VIOLETTA
confusa
Sì... no.
ALFREDO
Qual turbamento! a chi scrivevi?
VIOLETTA
A te.
ALFREDO
Dammi quel foglio.
VIOLETTA
No, per ora
ALFREDO
Mi perdona son io preoccupato.
VIOLETTA
alzandosi
Che fu?
ALFREDO
Giunse mio padre
VIOLETTA
Lo vedesti?
ALFREDO
Ah no: severo scritto mi lasciava
Però l'attendo, t'amerà in vederti.
VIOLETTA
molto agitata
Ch'ei qui non mi sorprenda
Lascia che m'allontani... tu lo calma
mal frenato il pianto
Ai piedi suoi mi getterò divisi
Ei più non ne vorrà sarem felici
Perché tu m'ami, Alfredo, non è vero?
ALFREDO
O, quanto...
Perché piangi?
VIOLETTA
Di lagrime avea d'uopo or son tranquilla
sforzandosi
Lo vedi? ti sorrido
Sarò là, tra quei fior presso a te sempre.
Amami, Alfredo, quant'io t'amo Addio.
Corre in giardino

Alfredo non capisce cosa Violetta gli sta dicendo col suo saluto, ma ben presto gli viene recapitata la lettera, consegnata da Violetta ad un commissionario mentre si reca a Parigi; appena la legge scoppia in un grido di dolore e compare subito Giorgio a sorreggerlo e ad implorarlo di asciugarsi il pianto (con una frase, "ritorna di tuo padre orgoglio e vanto", che è tanto priva di tatto quanto sgradevole, un rimprovero spacciato per consolazione).


  GERMONT
Di Provenza il mar, il suol - chi dal cor ti cancello?
Al natio fulgente sol - qual destino ti furò?
Oh, rammenta pur nel duol - ch'ivi gioia a te brillò;
E che pace colà sol - su te splendere ancor può.
Dio mi guidò!
Ah! il tuo vecchio genitor - tu non sai quanto soffrì
Te lontano, di squallor il suo tetto si coprì
Ma se alfin ti trovo ancor, - se in me speme non fallì,
Se la voce dell'onor - in te appien non ammutì,
Dio m'esaudì!
abbracciandolo

Alfredo però ha ben altro a cui pensare, si sente divorare il petto da serpi, il suo orgoglio è ferito e pensa già alla vendetta. Giorgio lo vuole distogliere da questo pensiero, e lo fa con una cabaletta purtroppo spesso tagliata, una supplica al figlio sempre però intrisa di un rimprovero di fondo, tanto per sottolineare che non ha mai agito per il vero bene del figlio e che ora non vuole lasciarsi sfuggire l'occasione di poter riportarlo a casa e così togliere lo sdegno dal proprio nome.
 

ALFREDO
Mille serpi divoranmi il petto
respingendo il padre
Mi lasciate.
GERMONT
Lasciarti!
ALFREDO
risoluto
(Oh vendetta!)
GERMONT
Non più indugi; partiamo t'affretta
ALFREDO
(Ah, fu Douphol!)
GERMONT
M'ascolti tu?
ALFREDO
No.
GERMONT
Dunque invano trovato t'avrò!
No, non udrai rimproveri;
Copriam d'oblio il passato;
L'amor che m'ha guidato,
Sa tutto perdonar.
Vieni, i tuoi cari in giubilo
Con me rivedi ancora:
A chi penò finora
Tal gioia non negar.
Un padre ed una suora
T'affretta a consolar.
ALFREDO
Scuotendosi, getta a caso gli occhi sulla tavola, vede la lettera di Flora, esclama:
Ah! ell'è alla festa! volisi
L'offesa a vendicar.
Fugge precipitoso
GERMONT
Che dici? Ah, ferma!
Lo insegue

L'invito alla festa di Flora trovato sul tavolo è la pista su cui Alfredo si lancia ad inseguire Violetta. Il suo amore eterno è svanito molto in fretta e sorprende un po' che si metta subito a pensare alla vendetta, che sospetti subito una relazione col barone Douphol; forse non si è mai allontanato dalla visione di Violetta come di una cortigiana, non è mai riuscito a reputarla veramente una "persona normale", degna della massima fiducia.

-Separarci Margherita? Ma chi potrà separarci?- gridai.
-Tu, tu che non vuoi ch'io mi renda conto della tua posizione, e hai la vanità di mantenere a me la mia: tu che, conservandomi il lusso nel quale vivevo, conservi la distanza morale che ci separa: tu, infine, che non giudichi il mio affetto abbastanza disinteressato per dividere con me quello che possiedi, e basterebbe a vivere insieme felici, mentre preferisci rovinarti, schiavo di un pregiudizio ridicolo. [...]
Tu sei indipendente, io libera, e siamo giovani: in nome di Dio, Armando, non ricacciarmi nella vita che fui costretta a condurre un giorno.
(Alexandre Dumas figlio, La signora delle camelie, cap. XIX)