sabato 30 giugno 2012

La traviata - Analisi del Primo Atto


Cominciamo ad analizzare l'opera.


Il preludio inizia con un tema che verrà ripreso nel III atto, per arrivare poi al celebre tema dell'Amami Alfredo del II atto: sembra quasi che introduca il I e il II atto come se fossero i ricordi che Violetta ripercorre nell'oscurità della sua stanza nel III atto, appena prima di chiedere un po' d'acqua ad Annina.

Il sipario si apre poi sulla festa in casa di Violetta, con una musica brillante e allegra; le viene presentato Alfredo e apprende che egli si era recato ad informarsi del suo stato di salute ogni giorno in un periodo in cui era ammalata.
Si inizia anche a capire il tipo di relazioni che caratterizzano questo ambiente (T'ho detto: L'amistà qui s'intreccia al diletto).
Arriva il momento del Brindisi, che purtroppo potrà sembrare un momento banale, in quanto se ne è abusato in concerti, concertini e pubblicità televisive di ogni tipo; cerchiamo invece di ascoltare cosa ci dicono Violetta e Alfredo:



ALFREDO
Libiam ne' lieti calici
Che la bellezza infiora,
E la fuggevol ora
S'inebri a voluttà.
Libiam ne' dolci fremiti
Che suscita l'amore,
Poiché quell'occhio al core
indicando Violetta
Onnipotente va.
Libiamo, amor fra i calici
Più caldi baci avrà.
TUTTI
Libiamo, amor fra i calici
Più caldi baci avrà.
VIOLETTA
S'alza
Tra voi saprò dividere
Il tempo mio giocondo;
Tutto è follia nel mondo
Ciò che non è piacer.
Godiam, fugace e rapido
È il gaudio dell'amore;
È un fior che nasce e muore,
Né più si può goder.
Godiam c'invita un fervido
Accento lusinghier.
TUTTI
Godiam la tazza e il cantico
La notte abbella e il riso;
In questo paradiso
Ne scopra il nuovo dì.
VIOLETTA
ad Alfredo
La vita è nel tripudio.
ALFREDO
a Violetta
Quando non s'ami ancora.
VIOLETTA
ad Alfredo
Nol dite a chi l'ignora.
ALFREDO
a Violetta
È il mio destin così
TUTTI
Godiam la tazza e il cantico
La notte abbella e il riso;
In questo paradiso
Ne scopra il nuovo dì.

Mentre Alfredo comincia a parlare d'Amore, Violetta ancora non può accettare di essere davvero amata ed espone ciò in cui consiste la sua vita: un susseguirsi di passione e piacere, tanto veloce quanto vuoto. Infine dice di ignorare cosa voglia dire amare. Questo duetto con coro mostra l'amara consapevolezza che Violetta ha della propria condizione: è un oggetto che i suoi clienti si dividono, clienti che sono interessati a lei solo nel momento in cui può dar loro piacere.

Subito dopo iniziano a manifestarsi i segni della malattia di Violetta; i commensali non si preoccupano molto per i suoi malori e l'abbandonano in fretta per dedicarsi alle danze, mentre Alfredo rimane da solo con lei e può così dichiararle tutto il suo Amore:




ALFREDO
Un dì, felice, eterea,
Mi balenaste innante,
E da quel dì tremante
Vissi d'ignoto amor.
Di quell'amor ch'è palpito
Dell'universo intero,
Misterioso, altero,
Croce e delizia al cor.
VIOLETTA
Ah, se ciò è ver, fuggitemi
Solo amistade io v'offro:
Amar non so, né soffro
Un così eroico amor.
Io sono franca, ingenua;
Altra cercar dovete;
Non arduo troverete
Dimenticarmi allor.

Violetta inizialmente ride dell'Amore che proclama Alfredo, ma poi rimane turbata e ribadisce che non sa amare: questa volta però non fermamente come aveva fatto nel brindisi, ma quasi a scatti, esitante; Verdi sottolinea musicalmente che qualcosa dentro di lei è cambiato. Violetta lascia infatti ad Alfredo un fiore che dovrà riportare quando sarà appassito, ovvero l'indomani.
Alfredo parte felicissimo, incosciente (come del resto sarà per tutta l'opera) dei grandi cambiamenti che stanno avvenendo nell'animo di Violetta.
Appena tutti gli invitati hanno lasciato la casa Violetta rimane da sola e non può più evitare di guardarsi dentro e prendere atto di ciò che sta accadendo; l'incontro tra Violetta e la propria interiorità produce uno dei momenti migliori dell'opera:


VIOLETTA
È strano! è strano! in core
Scolpiti ho quegli accenti!
Sarìa per me sventura un serio amore?
Che risolvi, o turbata anima mia?
Null'uomo ancora t'accendeva O gioia
Ch'io non conobbi, essere amata amando!
E sdegnarla poss'io
Per l'aride follie del viver mio?
Ah, fors'è lui che l'anima
Solinga ne' tumulti
Godea sovente pingere
De' suoi colori occulti!
Lui che modesto e vigile
All'egre soglie ascese,
E nuova febbre accese,
Destandomi all'amor.
A quell'amor ch'è palpito
Dell'universo intero,
Misterioso, altero,
Croce e delizia al cor.
A me fanciulla, un candido
E trepido desire
Questi effigiò dolcissimo
Signor dell'avvenire,
Quando ne' cieli il raggio
Di sua beltà vedea,
E tutta me pascea
Di quel divino error.
Sentìa che amore è palpito
Dell'universo intero,
Misterioso, altero,
Croce e delizia al cor!

Resta concentrata un istante, poi dice
Follie! follie delirio vano è questo!
Povera donna, sola
Abbandonata in questo
Popoloso deserto
Che appellano Parigi,
Che spero or più?
Che far degg'io!
Gioire,
Di voluttà nei vortici perire.
Sempre libera degg'io
Folleggiar di gioia in gioia,
Vo' che scorra il viver mio
Pei sentieri del piacer,
Nasca il giorno, o il giorno muoia,
Sempre lieta ne' ritrovi
A diletti sempre nuovi
Dee volare il mio pensier.

Violetta scopre in maniera sempre più forte il sentimento che le è nato in petto, capisce che è un'occasione per riscattarsi e per iniziare a vivere davvero.
Mentre descrive l'Amore lo vive, lo respira, ne rimane inebriata, al punto di averne paura e di lanciarsi in un'ultima, virtuosistica  affermazione della sua volontà di non cambiare vita, anche se le poche parole cantate da Alfredo fuori scena fanno intendere che non può più tirarsi indietro: l'Amore l'ha ormai avvolta senza lasciarle scampo.


La traviata - Introduzione

Voglio dedicare alcuni post all'opera che amo di più, La traviata di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave, cercando di esplorare insieme questo capolavoro e, se possibile, di togliere una certa svalutazione di cui questa opera soffre insieme con Rigoletto e Il trovatore.

È noto che la prima rappresentazione, avvenuta il 6 Marzo 1853, fu un fiasco a causa di un cast inadeguato, ma che già la ripresa dell'anno successivo, con qualche lieve modifica nella partitura e con un nuovo cast, fu un successo.
Da allora quest'opera è sempre stata una delle più rappresentate e delle più celebri di ogni tempo, ma dobbiamo porci subito alcune domande:

Come ci viene presentata quest'opera?
La versione che siamo abituati ad ascoltare le rende davvero giustizia?

Purtroppo, come tutte le opere più rappresentate al giorno d'oggi, La traviata viene spesso presentata in allestimenti non solo sbagliati e insensati, ma anche a volte ridicoli; per questo è sempre bene, se ci si vuole avvicinare ad un'opera, munirsi del libretto, almeno per avere un'idea chiara di cosa avevano in mente il compositore e il poeta; in questo modo è possibile sviluppare un proprio giudizio critico e valutare i vari allestimenti.
La versione della Traviata che di solito ascoltiamo è piena di tagli, i quali secondo me portano via gran parte della bellezza di quest'opera (basta pensare a tutta la scena finale, partendo dal duetto Parigi, o cara, alla seconda strofa dell'aria del I atto Ah, fors'è lui, alla seconda strofa dell'aria del III atto Addio del passato e alla cabaletta di Giorgio Germont nel II atto No, non udrai rimproveri); cercherò di mettere collegamenti ad alcune esecuzioni integrali delle parti solitamente tagliate ed inserirò i testi delle strofe solitamente omesse.

Bisogna ricordare che Verdi trovò ispirazione per questa sua opera in una versione teatrale de La Dame aux camélias, scritta da Alexandre Dumas figlio nel 1848: un'opera considerata scandalosa, in quanto la protagonista, Margherita Gautier (ispirata alla figura di Alphonsine Plessis, conosciuta come Marie Duplessis) è una mantenuta, una cortigiana.

Marie Duplessis

Il vero motivo dello scandalo suscitato da questo romanzo non è da cercare solo nella protagonista, ma nel fatto che il pubblico borghese venne messo di fronte alla propria ipocrisia; nella storia narrata si nota infatti come la borghesia critichi e rinneghi il mondo in cui di notte ama rifugiarsi e trovare divertimento: una cortigiana può essere la protagonista assoluta della vita notturna borghese, ma di giorno verrà additata con disprezzo anche da coloro che qualche ora prima si stavano divertendo in casa sua, in nome di un perbenismo ipocrita.

Ad aggravare la rappresentazione del mondo borghese sta il fatto che Margherita è capace di amare davvero e di sacrificarsi per amore, e il suo sacrificio è reso necessario proprio dall'idea che la "gente per bene" ha di lei senza davvero conoscerla.
Margherita dimostra di essere l'unica capace di amare davvero (penso che la frase migliore per descrivere questa situazione sia quella usata da Piave nel libretto della Traviata: sola Abbandonata in questo Popoloso deserto Che appellano Parigi); nemmeno Armando (l'Alfredo di Verdi) riesce ad amarla in modo totale, continuando a pensare che lei abbia bisogno ancora di gioielli e ricchezza nel loro pacifico ritiro in campagna, causando così il dolore di lei, che si rende conto di non poter mai liberarsi del passato e soprattutto del marchio che la società le ha impresso indelebilmente addosso.
Per questo penso che una delle frasi chiave dell'opera di Verdi sia questa del II atto:  
Così alla misera - ch'è un dì caduta, Di più risorgere - speranza è muta! Se pur benefico - le indulga Iddio, L'uomo implacabile - per lei sarà

La vera Traviata non è Margherita (o Violetta), ma la società che pretende con ipocrisia di giudicarla e di sostituire addirittura il proprio giudizio a quello divino.