Cominciamo ad analizzare l'opera.
Il preludio inizia con un tema che verrà ripreso nel III atto, per arrivare poi al celebre tema dell'Amami Alfredo del
II atto: sembra quasi che introduca il I e il II atto come se fossero i
ricordi che Violetta ripercorre nell'oscurità della sua stanza nel III
atto, appena prima di chiedere un po' d'acqua ad Annina.
Il
sipario si apre poi sulla festa in casa di Violetta, con una musica
brillante e allegra; le viene presentato Alfredo e apprende che egli si
era recato ad informarsi del suo stato di salute ogni giorno in un
periodo in cui era ammalata.
Si inizia anche a capire il tipo di relazioni che caratterizzano questo ambiente (T'ho detto: L'amistà qui s'intreccia al diletto).
Arriva
il momento del Brindisi, che purtroppo potrà sembrare un momento
banale, in quanto se ne è abusato in concerti, concertini e pubblicità
televisive di ogni tipo; cerchiamo invece di ascoltare cosa ci dicono
Violetta e Alfredo:
ALFREDO
Libiam ne' lieti calici
Che la bellezza infiora,
E la fuggevol ora
S'inebri a voluttà.
Libiam ne' dolci fremiti
Che suscita l'amore,
Poiché quell'occhio al core
indicando Violetta
Onnipotente va.
Libiamo, amor fra i calici
Più caldi baci avrà.
Libiam ne' lieti calici
Che la bellezza infiora,
E la fuggevol ora
S'inebri a voluttà.
Libiam ne' dolci fremiti
Che suscita l'amore,
Poiché quell'occhio al core
indicando Violetta
Onnipotente va.
Libiamo, amor fra i calici
Più caldi baci avrà.
TUTTI
Libiamo, amor fra i calici
Più caldi baci avrà.
Libiamo, amor fra i calici
Più caldi baci avrà.
VIOLETTA
S'alza
Tra voi saprò dividere
Il tempo mio giocondo;
Tutto è follia nel mondo
Ciò che non è piacer.
Godiam, fugace e rapido
È il gaudio dell'amore;
È un fior che nasce e muore,
Né più si può goder.
Godiam c'invita un fervido
Accento lusinghier.
S'alza
Tra voi saprò dividere
Il tempo mio giocondo;
Tutto è follia nel mondo
Ciò che non è piacer.
Godiam, fugace e rapido
È il gaudio dell'amore;
È un fior che nasce e muore,
Né più si può goder.
Godiam c'invita un fervido
Accento lusinghier.
TUTTI
Godiam la tazza e il cantico
La notte abbella e il riso;
In questo paradiso
Ne scopra il nuovo dì.
Godiam la tazza e il cantico
La notte abbella e il riso;
In questo paradiso
Ne scopra il nuovo dì.
VIOLETTA
ad Alfredo
La vita è nel tripudio.
ad Alfredo
La vita è nel tripudio.
ALFREDO
a Violetta
Quando non s'ami ancora.
a Violetta
Quando non s'ami ancora.
VIOLETTA
ad Alfredo
Nol dite a chi l'ignora.
ad Alfredo
Nol dite a chi l'ignora.
ALFREDO
a Violetta
È il mio destin così
a Violetta
È il mio destin così
TUTTI
Godiam la tazza e il cantico
La notte abbella e il riso;
In questo paradiso
Ne scopra il nuovo dì.
Godiam la tazza e il cantico
La notte abbella e il riso;
In questo paradiso
Ne scopra il nuovo dì.
Mentre
Alfredo comincia a parlare d'Amore, Violetta ancora non può accettare
di essere davvero amata ed espone ciò in cui consiste la sua vita: un
susseguirsi di passione e piacere, tanto veloce quanto vuoto. Infine
dice di ignorare cosa voglia dire amare. Questo duetto con coro mostra
l'amara consapevolezza che Violetta ha della propria condizione: è un
oggetto che i suoi clienti si dividono, clienti che sono interessati a
lei solo nel momento in cui può dar loro piacere.
Subito
dopo iniziano a manifestarsi i segni della malattia di Violetta; i
commensali non si preoccupano molto per i suoi malori e l'abbandonano in
fretta per dedicarsi alle danze, mentre Alfredo rimane da solo con lei e
può così dichiararle tutto il suo Amore:
ALFREDO
Un dì, felice, eterea,
Mi balenaste innante,
E da quel dì tremante
Vissi d'ignoto amor.
Di quell'amor ch'è palpito
Dell'universo intero,
Misterioso, altero,
Croce e delizia al cor.
Un dì, felice, eterea,
Mi balenaste innante,
E da quel dì tremante
Vissi d'ignoto amor.
Di quell'amor ch'è palpito
Dell'universo intero,
Misterioso, altero,
Croce e delizia al cor.
VIOLETTA
Ah, se ciò è ver, fuggitemi
Solo amistade io v'offro:
Amar non so, né soffro
Un così eroico amor.
Io sono franca, ingenua;
Altra cercar dovete;
Non arduo troverete
Dimenticarmi allor.
Ah, se ciò è ver, fuggitemi
Solo amistade io v'offro:
Amar non so, né soffro
Un così eroico amor.
Io sono franca, ingenua;
Altra cercar dovete;
Non arduo troverete
Dimenticarmi allor.
Violetta
inizialmente ride dell'Amore che proclama Alfredo, ma poi rimane
turbata e ribadisce che non sa amare: questa volta però non fermamente
come aveva fatto nel brindisi, ma quasi a scatti, esitante; Verdi
sottolinea musicalmente che qualcosa dentro di lei è cambiato. Violetta
lascia infatti ad Alfredo un fiore che dovrà riportare quando sarà
appassito, ovvero l'indomani.
Alfredo
parte felicissimo, incosciente (come del resto sarà per tutta l'opera)
dei grandi cambiamenti che stanno avvenendo nell'animo di Violetta.
Appena
tutti gli invitati hanno lasciato la casa Violetta rimane da sola e non
può più evitare di guardarsi dentro e prendere atto di ciò che sta
accadendo; l'incontro tra Violetta e la propria interiorità produce uno
dei momenti migliori dell'opera:
VIOLETTA
È strano! è strano! in core
Scolpiti ho quegli accenti!
Sarìa per me sventura un serio amore?
Che risolvi, o turbata anima mia?
Null'uomo ancora t'accendeva O gioia
Ch'io non conobbi, essere amata amando!
E sdegnarla poss'io
Per l'aride follie del viver mio?
Ah, fors'è lui che l'anima
Solinga ne' tumulti
Godea sovente pingere
De' suoi colori occulti!
Lui che modesto e vigile
All'egre soglie ascese,
E nuova febbre accese,
Destandomi all'amor.
A quell'amor ch'è palpito
Dell'universo intero,
Misterioso, altero,
Croce e delizia al cor.
A me fanciulla, un candido
E trepido desire
Questi effigiò dolcissimo
Signor dell'avvenire,
Quando ne' cieli il raggio
Di sua beltà vedea,
E tutta me pascea
Di quel divino error.
Sentìa che amore è palpito
Dell'universo intero,
Misterioso, altero,
Croce e delizia al cor!
Resta concentrata un istante, poi dice
Follie! follie delirio vano è questo!
Povera donna, sola
Abbandonata in questo
Popoloso deserto
Che appellano Parigi,
Che spero or più?
Che far degg'io!
Gioire,
Di voluttà nei vortici perire.
Sempre libera degg'io
Folleggiar di gioia in gioia,
Vo' che scorra il viver mio
Pei sentieri del piacer,
Nasca il giorno, o il giorno muoia,
Sempre lieta ne' ritrovi
A diletti sempre nuovi
Dee volare il mio pensier.
È strano! è strano! in core
Scolpiti ho quegli accenti!
Sarìa per me sventura un serio amore?
Che risolvi, o turbata anima mia?
Null'uomo ancora t'accendeva O gioia
Ch'io non conobbi, essere amata amando!
E sdegnarla poss'io
Per l'aride follie del viver mio?
Ah, fors'è lui che l'anima
Solinga ne' tumulti
Godea sovente pingere
De' suoi colori occulti!
Lui che modesto e vigile
All'egre soglie ascese,
E nuova febbre accese,
Destandomi all'amor.
A quell'amor ch'è palpito
Dell'universo intero,
Misterioso, altero,
Croce e delizia al cor.
A me fanciulla, un candido
E trepido desire
Questi effigiò dolcissimo
Signor dell'avvenire,
Quando ne' cieli il raggio
Di sua beltà vedea,
E tutta me pascea
Di quel divino error.
Sentìa che amore è palpito
Dell'universo intero,
Misterioso, altero,
Croce e delizia al cor!
Resta concentrata un istante, poi dice
Follie! follie delirio vano è questo!
Povera donna, sola
Abbandonata in questo
Popoloso deserto
Che appellano Parigi,
Che spero or più?
Che far degg'io!
Gioire,
Di voluttà nei vortici perire.
Sempre libera degg'io
Folleggiar di gioia in gioia,
Vo' che scorra il viver mio
Pei sentieri del piacer,
Nasca il giorno, o il giorno muoia,
Sempre lieta ne' ritrovi
A diletti sempre nuovi
Dee volare il mio pensier.
Violetta
scopre in maniera sempre più forte il sentimento che le è nato in
petto, capisce che è un'occasione per riscattarsi e per iniziare a
vivere davvero.
Mentre
descrive l'Amore lo vive, lo respira, ne rimane inebriata, al punto di
averne paura e di lanciarsi in un'ultima, virtuosistica affermazione
della sua volontà di non cambiare vita, anche se le poche parole
cantate da Alfredo fuori scena fanno intendere che non può più tirarsi
indietro: l'Amore l'ha ormai avvolta senza lasciarle scampo.